Oliver Sacks è un neurologo di fama internazionale, noto anche al vasto pubblico: per alcuni Riabilitatori è stato un maestro, ed io sono tra questi.
Egli è autore di numerosi libri di neurologia che descrivono talune condizioni patologiche in maniera inconsueta per la Clinica classica: nelle sue opere infatti egli capovolge la tradizionale concezione della Medicina Occidentale e riesce a fare cogliere anche il “punto di vista” del malato. Il risultato è straordinario: la sua non è per questo una Neurologia meno oggettiva o meno scientifica, ma diviene soprattutto una Neurologia più umana e concreta.
I suoi racconti riferiscono storie di vita vissuta, che risultano emotivamente coinvolgenti proprio perché al centro dell’attenzione viene posto il malato e non solamente la malattia che lo affligge: come non ricordare, ad esempio. il film “Risvegli” tratto dalla sua omonima opera, peraltro magistralmente interpretato dal compianto Robin Williams e da Robert de Niro?
Ricordo di essermi avvicinato a Sacks parecchio tempo fa, attraverso il suo libro “Su una gamba sola” (titolo originale “A leg to stand on”). Si tratta di un racconto autobiografico, in cui l’autore racconta la sua propria esperienza personale di malattia, conseguente ad una lesione di tipo ortopedico che aveva interessato il suo arto inferiore in occasione di un incidente di montagna. A quell’epoca stavo cominciando ad interessarmi al rapporto tra “mente” e “corpo” in Riabilitazione, influenzato da quell’uomo straordinario che è il mio mentore, il Professor Carlo Perfetti: a dire il vero nel libro di Sacks non trovai molte risposte – su questo argomento sarebbe tuttora presuntuoso sostenere di averne trovate, o almeno di essere giunto a “conclusioni”- ma vi scoprii molti importanti contributi alla definizione del “problema”.
Sacks qui descrive il suo sbigottimento derivante dalle sensazioni di alterità di un arto che sentiva come estraneo per effetto di una lesione “periferica“, effetto unanimemente riconosciuto dalla scienza medica solamente per lesioni di tipo “centrale“, come accade nelle lesioni cerebrali. Sacks fornisce anche un resoconto delle incomprensioni insorte con l’ortopedico che lo aveva in cura, e della fisioterapia poco convincente a cui si era sottoposto inizialmente: emerge qui una importante critica al modello biomedico imperante che, avendo adottato un modello meccanicistico del corpo umano, ignora sistematicamente l’esperienza del malato.
Le opere di Oliver Sacks sono numerose, ricordo solamente “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, “Musicofilia, racconti sulla musica e il cervello”, “Allucinazioni”, “Un antropologo su Marte, sette racconti paradossali”, ecc. La sua imponente produzione letteraria è caratterizzata da uno stile definito “romanzo neurologico”, iniziato qualche decade fa da un altro gigante della neurologia, il neuropsicologo sovietico Aleksandr Romanovich Luria con pubblicazioni come “Viaggio nella mente di un uomo che non dimenticava nulla”: con Sacks prende forma più compiuta la consapevolezza che solo la narrazione dell’esperienza di malattia fornita dal paziente possa fornire una porta di ingresso per l’esplorazione delle basi fisiche dell’identità, nel tentativo di superare l’approccio dicotomico allo studio della “mente” e a quello del “corpo” che contraddistingue la Medicina Occidentale.
Da riabilitatore neurocognitivo quale io sono, ho riscontrato molte assonanze e sintonie con approcci “integrati” di questo tipo. Ho appena appreso, purtroppo, che Oliver Sacks ha dato notizia al New York Times online di una malattia incurabile che lo affligge: lo ha fatto nel modo che troverete nel link riportato qui di seguito e al quale non credo occorra aggiungere altre parole.
..lucido…e per questo decisamente forte, un grande del quale vorremmo ancora leggere tanto…non ci sono parole per le cose belle che finiscono!!!