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Anochin P.K.-Biologia e neurofisiologia del riflesso condizionato

Recensire questo volume ai giorni nostri può sembrare una scelta curiosa: si tratta infatti di un libro ormai introvabile, edito in Italia da Bulzoni parecchi anni fa, nel 1975. L’autore è Pëtr Kuzmič Anochin (1898 – 1974), un fisiologo sovietico non molto conosciuto in Occidente che, allievo del più noto Ivan Pavlov (1849 – 1936), iniziò a condurre proprie ricerche indipendenti sin dagli anni ’30 del secolo scorso e dunque, ben prima della diffusione nel nostro Paese di questa sua importante monografia.

La moderna tecnologia consente oggi indagini neurofisiologiche certamente più raffinate e precise rispetto a quelle che si trovano descritte nel libro di Anochin: tuttavia, la sua ricerca ha fornito un modello teorico ancora oggi straordinariamente robusto ed efficace per la comprensione dell‘attività complessiva del sistema nervoso, con evidenti implicazioni concretamente operative, come vedremo, anche per la Riabilitazione.

Nel suo libro “Il senso del movimento” edito il Italia nel 1996, anche il fisiologo francese Alain Berthoz ha riconosciuto il debito intellettuale che abbiamo nei confronti di autori come Anochin che, forse più a causa di motivi ideologici che scientifici non è conosciuto come avrebbe in realtà meritato per la portata del suo pensiero innovativo. Per comprendere appieno la portata rivoluzionaria dell’opera di Anochin è necessaria una breve ricostruzione storica.

 

La fisiologia di Charles Sherrington ed il “riduzionismo”

In quel periodo i programmi di ricerca erano dominati dallo studio dei riflessi, ed fisiologo inglese Charles Sherrington (1857 – 1952) era la massima autorità in questo campo: molti dei suoi esperimenti sono riassunti in una celebrata monografia dal titolo “The integrative action of the nervous system“, edita per la prima volta nel 1906 (per chi fosse interessato, faccio sapere che in rete è possibile reperire questa opera: il collegamento è http://ia600303.us.archive.org/24/items/integrativeactio00sheruoft/integrativeactio00sheruoft.pdf). Secondo una prassi di laboratorio molto comune all’epoca, Sherrington condusse la maggior parte delle sue indagini su animali anestetizzati, immobilizzati e decerebrati, poiché questi “preparati” sembravano offrire una opportunità straordinaria per comprendere anche i più piccoli processi che hanno luogo nel Sistema Nervoso Centrale.

Appare evidente l’influenza del “riduzionismo” in un simile approccio allo studio del vivente. Per Sherrington il compito principale della Neurofisiologia è quello di accertare i meccanismi dell’interazione e della comunicazione tra le cellule nervose, e dal momento che i processi neurali danno sempre origine ad una “azione”, egli era fermamente convinto che lo studio dei processi motori rappresentasse la via migliore per la comprensione delle funzioni del Sistema Nervoso. Sherrington infatti riteneva che fosse possibile comprendere il comportamento motorio nel suo insieme a condizione di considerarlo come il prodotto di una serie di unità elementari che agiscono in maniera “integrata”: in quest’ottica, il meccanismo funzionale più semplice da studiare era il riflesso spinale, che costituì il modello di base e l’oggetto di studio della sua brillante carriera scientifica.

 

La Fisiologia di Anochin ed il “vitalismo positivo”

In questo contesto, anche in parte allontanandosi dalle posizioni di Ivan Pavlov che era stato suo maestro, Anochin matura la consapevolezza che l’approfondimento dei dettagli elementari, avrebbe finito per allontanare la Fisiologia dalla comprensione del funzionamento del Sistema Nervoso Centrale e del cervello nella sua totalità, lasciando del tutto insoluto il mistero di come venga organizzato il comportamento nel suo insieme. Secondo Anochin, il programma di ricerca di Sherrington ha certamente permesso di fare luce su particolari meccanismi neurofisiologici, ma fallisce quando deve spiegare l’integrazione, cioè quell’organizzazione più ampia che nel vivente fa emergere nuove e più complesse proprietà rispetto a quelle che caratterizzano i singoli componenti elementari originari. Osserva Anochin che siamo in grado di descrivere migliaia di processi elementari disseminati nel corpo di una rana senza tuttavia essere in grado di spiegarci l’organizzazione funzionale complessiva che soggiace ad un atto di adattamento come ad esempio il salto.

Dal punto di vista filosofico, Anochin è un esponente  del “vitalismo positivo“: come i vitalisti, egli postula la peculiarità dei fenomeni biologici e non ritiene sia possibile ridurre ai loro singoli elementi costitutivi neanche gli organismi più semplici (come proposto invece dai “riduzionisti”). In polemica con le concezioni meccanicistiche, Anochin non aderisce in toto neppure al vitalismo, che in talune sue espressioni fa ricorso a spiegazioni metafisiche o finalistiche: tutta la sua attività scientifica infatti è volta alla ricerca di dimostrazioni sperimentali concrete che potessero spiegare il funzionamento dell’organismo nella sua totalità ed i prodotti dell’attività di quell’organo misterioso che è il cervello.

 

Dalla struttura “lineare” alla struttura “circolare” dell’Azione

Anochin sottopone a revisione critica i metodi scientifici della sua propria epoca, rilevando che la fisiologia dell’Azione era stata studiata secondo un modello “lineare” del tipo Stimolo→ Risposta rappresentato graficamente nella Figura 1. Qui un “ambiente” fornisce determinati “stimoli” che fanno il loro ingresso del Sistema Nervoso Centrale (SNC), il quale a sua volta produce una “uscita motoria”. In laboratorio, questa schematizzazione consentiva di stabilire con esattezza la natura e l’intensità degli stimoli in entrata nel SNC, e di osservare le uscite motorie conseguenti al tipo di eccitazione apportata permettendo accurate misurazioni  e scoperte straordinarie.

Fig. 1. Modello "lineare" dell'Azione

Sulla base di questo modello Sherrington è stato in grado di descrivere una serie di meccanismi fisiologici che hanno luogo a livello cellulare quali, ad esempio, l’inibizione reciproca, la competizione per la via finale comune, gli archi riflessi convergenti, ecc. Anochin riconosce il progresso scientifico derivante dall’approfondimento di questi fini dettagli, ma avverte che la Fisiologia rimane ancora lontana dalla comprensione dell’integrazione su scala dell’intero organismo.

Allo scopo, Anochin spiega la distinzione tra “riflesso incondizionato” e “riflesso condizionato”. Per riflesso incondizionato si devono intendere quelle organizzazioni nervose determinate filogeneticamente, sulle quali esercita un ruolo importante l’ereditarietà o i fattori ecologici. Per riflesso condizionato si devono perlopiù intendere le organizzazioni funzionali più recenti, meno stabili e connesse alle specifiche forme di adattamento individuale. Il termine “riflesso” impiegato da Anochin non tragga in inganno, poiché non sta qui a designare un tipo di risposta evocata in maniera deterministica da una particolare stimolazione, come nel modello “lineare” dell’Azione: piuttosto, secondo una terminologia in voga all’epoca, egli intendeva indicare le caratteristiche materiali delle organizzazioni neurali soggiacenti ai fenomeni che erano oggetto delle sue ricerche, compreso l’apprendimento.

Il primo capitolo della monografia di Anochin si intitola “Le basi biologiche del riflesso condizionato” ed è di importanza fondamentale per comprendere il cambiamento di paradigma scientifico da lui proposto. Qui egli focalizza l’attenzione su un parametro raramente preso in considerazione che è quello del tempo. Se si guarda alla struttura lineare dell’Azione (Fig. 1), il comportamento viene ridotto ad un “qui ed ora” che si esprime attraverso la reazione riflessa ad un determinato stimolo. Secondo Anochin questo modello non è adatto a spiegare il carattere dinamico delle nuove organizzazioni neurali che, non solo rispondono, adattandosi, alle nuove situazioni, ma al contrario, più spesso, le anticipano. Gradualmente gli organismi viventi hanno dunque sviluppato apparati nervosi in grado di prevedere gli eventi del mondo esterno con il quale interagiscono in modo non passivo, ma attivo: tale capacità di rispecchiamento della realtà è infatti  indispensabile per la vita e per il più favorevole adattamento alle condizioni circostanti.

Il sesto capitolo dell’opera di Anochin si intitola “Il sistema funzionale come base dell’architettura fisiologica dell’atto comportamentale”: è questo un contributo centrale per la comprensione dell’Azione intesa come il prodotto integrato dell’intero organismo, e non soltanto del SNC. Più in generale, osservando che gli atti motori vengono regolati di continuo attraverso il flusso ininterrotto delle informazioni sui risultati ottenuti, Anochin afferma che la struttura dell’Azione non può essere lineare, bensì “circolare ” (Fig. 2).

Fig. 2. Il modello "circolare" dell'Azione

 

Il sistema funzionale e l’Atto Comportamentale

Sempre nel sesto capitolo, Anochin spiega dunque come, una azione diretta ad uno scopo (Atto Comportamentale) emerga dall’organizzazione temporanea di un insieme di processi che garantiscano il risultato finale di adattamento (Sistema Funzionale). Processi biologici quali la Memoria, l’Attenzione, la Motivazione ed una serie di informazioni (Afferenze) concorrono alla costituzione della Sintesi Afferente (SA): fino a questo momento le afferenze possono costituire delle eccitazioni latenti, fino a quando una di esse agisce da “detonatore” nel momento in cui acquisisce un significato biologico tale da fare emergere la presa di decisione (D) ad agire: a partire da questi processi, prima ancora che il movimento diventi osservabile, si costituiscono simultaneamente sia il programma d’azione che l’Accettore dell’Azione, che è un apparato di previsione dei risultati attesi (Fig. 3).

Fig. 3. La prima fase costitutiva dell'Atto Comportamentale. Per una spiegazione, vedi testo (modificato da Anochin, 1975)

Nella sua proposta, Anochin mette in tutta evidenza la natura proattiva dei processi cerebrali e pone solide basi per passare da una Fisiologia delle reazioni ad una Fisiologia dell’attività. In questo suo tentativo, l’Accettore dell’Azione rappresenta il substrato fisiologico che permette di concepire le funzioni cerebrali come un processo di continuo confronto tra i risultati effettivamente ottenuti e il programma d’azione originario giungendo, nei fatti, molto vicino alla elaborazione di quello che oggi chiamiamo “modello interno” o “rappresentazione” dell’Azione.

Il programma si declina in una Azione realmente che sortisce determinati risultati utili finali, i cui parametri produrranno determinate afferenze di ritorno che verranno poste a confronto con quanto previsto dall’Accettore dell’Azione. Se quanto previsto coincide con quanto effettivamente ottenuto lo scopo dell’Azione sarà stato soddisfatto e il ciclo dell’Atto Comportamentale potrà dirsi concluso (Fig. 4).

Fig. 4. Quanto ottenuto coincide con quanto è stato previsto e l'Azione può dirsi conclusa. Per una spiegazione vedi testo (modificato da Anochin, 1975)

Se le afferenze di ritorno (o le conseguenze sensoriali derivanti dall’Azione) che sono state effettivamente ottenute non corrispondono a quelle attese, l’Accettore dell’Azione rileverà una incongruenza: un segnale di “errore” darà inizio alla riformulazione di un nuovo e più preciso piano d’azione, oppure lo scopo dovrà essere ottenuto con altri mezzi (Fig. 5).

Fig. 5. In caso di incongruenza tra quanto previsto e quanto effettivamente ottenuto il processo ricomincerà (modificato da Anochin, 1975)

 

Importanza del modello di Atto Comportamentale di Anochin in Riabilitazione

Il modello proposto da Anochin è particolarmente significativo perché, prima di allora, la maggior parte dei Neurofisiologi era solita condurre ricerche su parti isolate dell’organismo, come ad esempio il preparato nervo-muscolo, o l’animale decerebrato: il movimento veniva studiato “in astratto”, trascurando, ad esempio, i processi di programmazione che presiedono allo svolgimento dell’azione o le motivazioni biologiche che sottintendono la presa di una determinata decisione ad agire. Lo schema dell’Atto Comportamentale di Anochin rappresenta un riferimento di primaria importanza per il Riabilitatore proprio perché guarda all’Azione come al prodotto di sistemi funzionali integrati e non a singole componenti isolate del sistema motorio quali quelle che si possono incontrare solamente nelle artificiose condizioni di un laboratorio.

Un’altra considerazione rilevante è che ogni Azione è l’espressione di una serie di sistemi funzionali che non operano mai in maniera fine a sé stessa, ma che si organizzano di volta in volta in funzione di altri processi (ad esempio l’Attenzione, la Percezione, la Motivazione, la Memoria, ecc.) a seconda dello scopo da raggiungere. Per questo motivo, con la patologia, sia essa ortopedica o neurologica, viene colpito un intero sistema integrato: se si accetta questo principio, il compito della Riabilitazione diventa quello di realizzare condizioni che non favoriscano soltanto il recupero dell’elemento leso, ma anche il ristabilirsi delle interrelazioni funzionali che esso fisiologicamente contrae con le altre componenti del sistema cui appartiene. Per Anochin, infatti, un sistema funzionale è una “unità integrativa centro – periferica” e non soltanto una formazione del sistema nervoso centrale, e se si guarda all’architettura dell’Atto Comportamentale non solo è impossibile distinguere ciò che è “centrale” da ciò che è “periferico”, ma anche ciò che è “sensitivo” da ciò che è “motorio”.

Ad Anochin dobbiamo dunque una definizione di funzione motoria proficua per il Riabilitatore che, avendo lo scopo di riorganizzare un sistema leso, potrà guardare a tutta l’architettura complessiva ed “integrata” dell’Azione, e non a singole componenti considerate in maniera isolata. Anche l’esercizio deve prendere in considerazione anche tutta quella serie di operazioni “mentali” e di programmazione che fisiologicamente precedono il movimento osservabile: Attenzione, selezione delle informazioni pertinenti con la risoluzione del compito (Sintesi Afferente), formulazione di ipotesi percettive che fungano da un apparato di previsione (o Accettore dell’Azione) da confrontare con le informazioni effettivamente ottenute attraverso il movimento.

In definitiva, la dinamicità dei processi coinvolti nell’Azione descritti da Anochin pone le premesse per una Scienza del recupero delle funzioni motorie alterate da una lesione, ma occorre tenere presente che la riemergenza della funzione ai livelli di integrazione più elevati (il recupero migliore di quello spontaneo) può più verosimilmente verificarsi attraverso la proposta di “compiti motori” che favoriscano l’Apprendimento (in condizioni patologiche) senza prescindere dall’attivazione di tutti quei processi progettuali, motivazionali e percettivi normalmente sottesi all’organizzazione di un Atto Comportamentale diretto ad uno scopo. La teoria dei sistemi funzionali e dell’Atto Comportamentale di Anochin suggerisce che anche il recupero del movimento non dipende dalla somma di singole componenti isolate (muscolo, nervo, area motoria, ecc.), e fornisce al Riabilitatore un modello operativo concreto e  sufficientemente complesso per i suoi scopi.

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